Collegio di Perfezione n. 016 “DAMANHUR” – Il Tempio

Galleria di immagini del tempio di Grosseto

Collegio di Perfezione DAMANHUR – Camera del XX grado “Giovanni Michelini” n.63

Fregio della Camera di perfezione del XX° Grado, intitolata alla memoria di “Giovanni Michelini”: oltre alla squadra ed il compasso disposti in grado di Maestro, compare anche il filo a piombo, la cazzuola ed il martello, dove su quest’ultimo è inciso il nome della camera ed il grado conseguito dal Fr:. Giovanni.

 

Una camera di perfezione dedicata alla memoria di un Fratello passato all’Oriente Eterno, era il Gran Segretario dell’Ordine Massonico Tradizionale Italiano, Gran Maestro delle Cerimonie del Venerabile Rito Egizio di Misraim, ma sopratutto un Vero Massone, fiero della sua appartenza ed orgoglioso del suo privilegio di essere chiamato tale.

Vi lascio il link dove potete rileggere l’orazione che il nostro G:.M:. Luigi Pruneti ha letto nella tornata funebre di Villa di Corliano (Pisa).

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Oriente di Grosseto nella valle dell’Ombrone

Collegio di Perfezione DAMANHUR – Camera di IX grado “Seshat” n.

Seshat (o Sešet, Safkhet, Sesat, Sashet, Sechat) è una divinità egizia della religione dell’antico Egitto. Era dea della scrittura, dell’aritmetica, delle progettazioni architettoniche di templi ed edifici reali e dell’architettura in generale, variamente venerata come moglie (oppure sorella o figlia) e paredra di Thot, il dio-ibis della scrittura, della conoscenza e della misurazione del tempo – di cui Seshat condivideva il patronato.

Veniva chiamata “Signora dei costruttori”, “Dea dell’edilizia”, “Fondatrice dell’architettura”, “Signora delle stelle”, “Signora dei libri”, “Bibliotecaria celeste”[4].

 

Seshat godette di venerazione da parte degli scribi e della famiglia reale egizia fino al periodo tolemaico (323 a.C.30 a.C.), benché il suo culto fosse originario del periodo arcaico dell’Egitto (ca. 3150 a.C.). Il suo nome, che significa “la Scriba”[7], compare già in reperti risalenti ai primordi della storia egizia[8], quando si credeva che assistesse il faraone in determinate cerimonie di fondazione:

S29 N37 G1 X1 G7

Sš3t – (Seshat), talvolta abbreviato con l’enigmatico simbolo che le sormontava il capo:

R20

Si ritiene che Seshat sia comparsa nell’immaginario religioso degli egizi in epoca preistorica, quando, con la nascita dell’agricoltura, si vide la necessità di una divinità che tutelasse i tracciati dei campi e la misurazione dei confini. In tal senso esiste al Museo egizio del Cairo un blocco di diorite (JE 33896) risalente alla fine della II dinastia (ca. 2720 a.C.), originariamente parte del portale di un tempio di Horus, su cui è possibile intravedere la dea Seshat e un faraone mentre colpiscono pali di recinzione per la fondazione di un tempio.

Seshat era considerata una fra le più colte tra le varie divinità dell’Egitto, una sorta di divinità-maestra d’aritmetica, astronomia, astrologia e architettura, e per questo venerata dagli scribi nella Casa della vita (scuola medica e biblioteca dei grandi templi) di cui era la protettrice, pur essendo una divinità astratta. Era però, soprattutto, una divinità personale del faraone, incaricata di inscriverne il nome sul sacro albero ished per assicurarne l’immortalità. Non ebbe infatti un culto particolare al di fuori della famiglia reale, né templi a lei dedicati. Gli egizi credevano che Seshat custodisse gli Annali reali, ossia l’archivio dei rotoli di papiro dove annotava gli anni di regno di un sovrano e il suo destino. Benché fosse la controparte di Thot in quasi ogni sua caratteristica, la capacità di calcolare la lunghezza della vita di ogni uomo permette di associarla ad Anubi.

Atum, Seshat e Thot intenti a trascrivere il nome di Ramses II sul sacro albero "ished", su cui erano raccolti i nomi dei faraoni e che ne assicurava l'immortalità. Disegno di Karl Richard Lepsius tratto da una parete del Ramesseum[10]
Atum, Seshat e Thot intenti a trascrivere il nome di Ramses II sul sacro albero “ished”, su cui erano raccolti i nomi dei faraoni e che ne assicurava l’immortalità. Disegno di Karl Richard Lepsius tratto da una parete del Ramesseum[10]
La tradizione e l’adorazione per questa dea egizia giunsero fino all’epoca tolemaica: sua devota fu la regina Cleopatra IV che, si diceva, fosse così colta e dotta da padroneggiare nove lingue, che avesse studiato architettura, matematica, astronomia e medicina presso la grande Biblioteca di Alessandria.

 

Seshat veniva raffigurata con indosso una pelle di leopardo (o di pantera) le cui macchie nere venivano, a volte, rappresentate come stelle; inoltre poteva rappresentare la protezione della dea contro le belve feroci. Alla sua parrucca era fissato un alto arbusto a sette punte dalla natura dibattuta, che Sir Alan Gardiner descrisse come “un fiore stilizzato sormontato da corna”: probabilmente l’albero ished della conoscenza e dell’immortalità terminante con una stella, o una rosetta, a sette petali racchiusa da due corna rovesciate a forma di compasso; altri studiosi l’hanno interpretato come un emblema della luce o della precisione. Era inoltre rappresentata mentre teneva in mano una foglia di palma, oppure intenta alla scrittura con uno stiletto e uno stelo di papiro.

Rilievo raffigurante la dea Seshat, il sovrano Tolomeo III e Horus di Edfu durante il Rito "del tendere la corda".
Rilievo raffigurante la dea Seshat, il sovrano Tolomeo III e Horus di Edfu durante il Rito “del tendere la corda”.

Come “Signora dei costruttori”, Seshat era considerata l’ispiratrice dei modelli dei nuovi templiː veniva perciò rappresentata in terra da una sacerdotessa che doveva comparire accanto al faraone ogni qual volta, durante la fondazione di un tempio, si doveva compiere il rito religioso detto “del tendere la corda”, o “della tensione della fune”, che serviva ad allineare l’asse dei quattro angoli dei futuri monumenti sacri, o delle piramidi, con le costellazioni. Il rito sembra risalire alla II dinastia, cioè al 2900 a.C. Il rito prevedeva che al tramonto, il faraone si recasse in abiti cerimoniali presso il sito designato per recitare alcune formule rituali e osservare, affiancato da sacerdoti astronomi, i movimenti delle stelle (nello specifico, individuava con precisione il nord facendo attenzione all’Orsa Maggiore); il giorno successivo avrebbe piantato i picchetti, teso le funi lungo gli assi previsti dal progetto architettonico e, infine, posizionata solennemente la prima pietra. Esistono raffigurazioni della cerimonia nei templi di Dendera ed Edfu; inoltre si può ipotizzare che esistesse già all’epoca della IV Dinastia e cioè all’atto della costruzione delle grandi piramidi di Giza. Iscrizioni sulle pareti dei grandi templi di Dendera ed Edfu, in cui il faraone parla in prima persona, commentano il rito:

«Io reggo il paletto. Afferro il manico della mazza e stringo la corda di misurazione con Seshat. Rivolgo i miei occhi ai movimenti delle stelle. Dirigo il mio sguardo verso la Coscia del Toro [Meskhetiu, l’Orsa Maggiore], rendo fermi gli angoli del tempio.»

L’allineamento tra il faraone e la sacerdotessa che incarnava Seshat, era quello relativo alla messa a terra, tramite la corda, della stella Mizar (stella dell’Orsa Maggiore); recenti studi sembrano collegare tale rito all’allineamento con la stella Sirio (in egizio Sothis), considerata dagli egizi la stella di Horus.

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Oriente di Grosseto nella valle dell’Ombrone

Collegio di Perfezione DAMANHUR – Camera di IV grado “Toth” n. 052

Thot (scritto anche Toth o Thoth, o Theuth per i Greci, tutti dal greco Θώθ)[1] è una divinità egizia che appartiene alla religione dell’antico Egitto, dio della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo, della matematica e della geometria. È rappresentato sotto forma di ibis sacro, uccello che volava sulle rive del Nilo, o sotto forma (meno frequente) di babbuino. Inoltre era protettore degli scribi.

Il nome egizio del dio è:

G26

da cui il termine usuale di dio-ibis con le varianti

I10 V28 G43 t
Z4
D46 V28 G43 t
Z4

la cui traslitterazione è ḏḥwty (possibile lettura, in italiano, Djehuty, più precisamente ḏiḥawtī).

Originario del 3º distretto del Basso Egitto, capitale Damanhur (Ermopoli Parva), comparve già nel periodo predinastico.

Però la città dove venne maggiormente adorato fu Ermopoli (“Città degli Otto”), capitale del 15º distretto dell’Alto Egitto, dove era rappresentato in sembianza di ibis, di cinocefalo e anche di toro.

Nella teogonia di Ermopoli Thot assunse un ruolo di grande rilevanza e fu considerato una delle divinità creatrici del mondo. Come divinità lunare fu associato con il sole morto in quanto la luna stessa (Iah) compare raramente nella teologia egizia. Come i cicli della luna regolavano molti dei rituali religiosi ed eventi civili della società egiziana, così Thot fu considerato anche il primo regolatore di queste attività.

Paredra di Thot fu Seshat che con lui divideva il compito di scrivere nomi e imprese dei defunti sulle foglie dell’albero ished; secondo altre tradizioni sposa di Thot fu anche la dea-rana Heket e la sua compagna Seshat.

In quanto inventore della scrittura e patrono degli scribi fu questo ruolo che ebbe anche nei confronti del dio Ra di cui era segretario e visir.

Nella Duat, il mondo degli inferi, aiutava Osiride che giudicava le anime dei morti nella psicostasia.

È stato a volte identificato con il dio greco Ermes o Ermete Trismegisto.

Fonte: WikiPedia

 

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Oriente di Grosseto nella valle dell’Ombrone

 

 

Collegio di Perfezione ATON – Camera di IV grado “Djed” n. 062

Nella religione degli antichi Egizi, lo Zed (o Djed), tradotto come “stabilità”, “presenza”, è la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell’Oltretomba. Per gli Egizi, la spina dorsale era sede del fluido vitale, e simboleggiava la stabilità (ḍdi, parola da cui ha origine “Djed”, significa appunto “essere stabile”) e la vita eterna. Il geroglifico che lo rappresenta somiglia a un pilastro.

Simbolo dello Djed.

Era un simbolo sacro importante per il popolo del Nilo (tanto che nei dipinti parietali è colorato col prezioso turchese), ed era già presente prima di venire associato ad Osiride: nel neolitico era rappresentato come una sorta di feticcio o di amuleto. Un’altra scuola di pensiero lo considera una rappresentazione della vittoria del bene sul male, come accade dopo il mito della morte di Osiride, ucciso dal fratello Seth ma vendicato da Horus, o a un tronco. Talvolta, con in mano una verga o un bastone, era antropomorfizzato.

 

 

 

 

 

Fonte: WikiPedia

Collegio di Perfezione n. 019 “ATON” – Oriente di Torino nella valle del Po

 

«Tu sorgi bello all’orizzonte del ciel, / o Aton vivo, che hai dato inizio alla vita. / Quando risplendi all’orizzonte orientale / tutte le terre riempi della tua bellezza. / Tu sei bello, grande, splendente, alto sopra ogni terra!»

i t
n
N5
Aton (jtn)
in geroglifici

Aton (o Aten) è una divinità egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto, centrale nell’atonismo sotto il faraone Akhenaton. L’iconografia del dio lo vuole rappresentato dal disco solare che sovrasta generalmente il re e la sua famiglia, colpiti dai suoi raggi, che in corrispondenza delle narici recano mani che porgono il geroglifico ankh (il segno della vita). Non esiste alcuna rappresentazione antropomorfa di Aton.

 

Fonte; WikiPedia

Collegio di Perfezione n. 015 “NUT” – Il Tempio

Galleria di immagini dello splendido tempio del Collegio di Palermo.

 

Collegio di Perfezione n. 015 “NUT” – Camera di IV grado “KARNAK” n. 052

El-Karnak è un piccolo villaggio situato sulle sponde del Nilo a circa 2,5 km a nord di Luxor.
Il sito è quello della Tebe egizia.

Questa zona è ricchissima di templi egizi e sono la principale attrazione di el-Karnak al punto che, comunemente, il nome “Karnak” viene generalmente associato più al sito archeologico che non al villaggio.

Il numero annuale di visitatori è secondo solo a quello della piramidi di Giza. Il complesso templare di Karnak è, di fatto, costituito da tre distinti recinti templari dedicati ad Amon, alla sua sposa divina Mut, ed al Dio locale Montu (dal corpo umano e dalla testa di falco) il cui culto fu particolarmente in auge nel corso della XI Dinastia (in tal senso rammentiamo i sovrani di nome Montuhotep, della XI dinastia, cui seguiranno, con la XII, Re il cui nome teoforo farà riferimento ad Amon, altra divinità minore tebana facente capo alla cosiddetta Ogdoade Ermopolitana, come, ad esempio, Amenhemat). In linea generale, sono riscontrabili quattro parti principali di cui solo una accessibile ai turisti ed al pubblico in generale.

Fonte WikiPedia

Collegio di Perfezione n. 008 “LA FORZA DI RA” – Capitolo di LXVI grado “PRAMANTHA” n. 036