Il dio Aton è indissolubilmente legato alla figura del faraone Amenhotep IV/Akhenaton, tuttavia, anche se si è soliti indicare il faraone Amenhotep IV quale fondatore del culto atoniano, già precedentemente il culto di Aton era assurto a maggior livello, con Thutmose IV, e ancor più con Amenhotep III[2], nel periodo in cui l’influenza asiatica si era fatta maggiormente sentire in Egitto. A quest’ultimo, immediato predecessore di Amenhotep IV, si deve infatti il primo allontanamento della casa regnante dal centro cultuale per eccellenza del dio Amon a Karnak, nei pressi dell’odierna Luxor, con la costruzione della reggia, e del proprio complesso funerario, in un’area oltre il Nilo, l’odierna Malqata, i cui unici resti ancora visibili sono i Colossi di Memnone. Tale operazione si inquadrava nel tentativo di sottrarre la casa regnante al potere dei sacerdoti del dio Amon insofferenti al ruolo strettamente religioso[2].
Su tale preesistente situazione politico-religiosa si poggiò la scelta di Amenhotep IV che, tra il secondo e terzo anno di Regno fece erigere a Karnak, sede del complesso dedicato ad Amon, un grande tempio dedicato ad Aton. Successivamente, tra il quarto ed il sesto anno di regno, il re mutò il suo nome da Amenhotep (Amon è soddisfatto) in Akhenaton (Effettivo spirito di Aton) e trasferì la capitale in una città fatta appositamente costruire, Akhetaton (ovvero Orizzonte di Aton), a circa 250 Km da Tebe. Anche la scelta di erigere una città ex-novo, in un’area non ancora subordinata ad alcuna divinità, denotava l’intento di distaccarsi non solo dal credo amoniano, ma anche da qualsiasi altra divinità preesitente. In tal senso, e facendo riferimento all’attuale denominazione dell’area in cui sorgeva Akhetaton, il periodo va sotto il nome di Eresia Amarniana. Benché di durata minima rispetto alla millenaria storia dell’Egitto (si calcolano circa 17 anni[3]), il periodo dell’eresia amarniana permeò di se non solo la vita politico-religiosa, ma anche quella artistica con canoni così particolari da rendere immediatamente riconoscibili le opere scultoree e pittoriche di tale periodo.
Costituito il decimo giorno del mese di Noth della stagione di Peret dell’Anno di Vera Luce 000.000.000 e il dieci marzo duemilaventitrè dell’Era Volgare, all’Oriente di Taranto nella valle del Galeso.
Costituito il quinto giorno del mese di Noth della stagione di Peret dell’Anno di Vera Luce 000.000.000 e il primo marzo duemilaventitrè dell’Era Volgare, all’Oriente di Crotone nella valle del Neto.
Galleria fotografica del Tempio dove lavora il Collegio.
L’Ankh , conosciuto come “la chiave della vita” o “la croce della vita”, è uno dei simboli più noti dell’antico Egitto e risale al Primo Periodo Dinastico (attorno al 3150-2613 AEC). Si tratta di una croce sormontata da un cerchio, spesso ornata con simboli o fiori decorativi, ma il più delle volte è una semplice croce dorata. Il simbolo è un geroglifico egiziano che simboleggia “la vita” o “il soffio vitale” (‘nh =ankh) e, siccome gli Egizi credevano che il proprio viaggio sulla terra rappresentasse soltanto una parte di una vita eterna, l’Ankh simboleggia sia l’esistenza mortale che la vita dopo la morte. È uno dei simboli più antichi dell’Egitto, spesso visto assieme ai simboli djed e was, che veniva portato da una moltitudine di divinità egizie sui dipinti e le iscrizioni tombali e indossato dagli egizi come amuleto.
Le origini dell’Ankh rimangono sconosciute. L’egittologo Alan H. Gardiner (1879-1963) pensò che si sia sviluppato dal laccio di un sandalo con il cerchio superiore che girava attorno alla caviglia e la parte verticale attaccata a una suola sui piedi. Gardinier giunse a questa sua conclusione perchè la parola egiziana per “sandalo” era “nkh”, la quale veniva dalla stessa radice di “ankh” e, inoltre, perchè il sandalo rappresentava una parte della vita quotidiana degli egizi per cui, il simbolo dell’ankh, divenne il simbolo della vita.
L’associazione dell’Ankh con l’oltretomba l’ha reso un simbolo particolarmente potente per i cristiani copti d’Egitto durante il IV secolo, i quali se ne appropriarono. Quest’uso dell’Ankh come simbolo della promessa di Cristo di vita eterna attraverso la fede nel suo sacrificio e risurrezione, è molto probabilmente l’origine dell’uso cristiano della croce come simbolo di fede al giorno d’oggi. L’ankh, il quale era già stato affermato come simbolo della vita eterna, divenne facilmente assimilabile nelle prime fasi della fede cristiana e continuò come simbolo di quella religione.